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Unità di misura: umanizzazione

Accoglienza, ospitalità, comprensione, informazione: sono solo alcuni dei concetti che provano a tradurre, senza essere esaustivi, il concetto di “umanizzazione” in Sanità, l’insieme cioè, dei comportamenti fatti propri dal Sistema Sanitario per fornire un servizio rispettoso delle esigenze relazionali, organizzative, strutturali delle persone che vi accedono. Ma per migliorare, si sa, si deve partire dalla analisi reale della situazione, dai suoi punti di forza e di debolezza. Per questo parliamo di umanizzazione con l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali – AGENAS, che da sette anni porta avanti un progetto ambizioso che ha gettato le basi per rendere permanente la verifica periodica del grado di umanizzazione delle strutture di ricovero nel nostro Paese.

“Umanizzazione delle cure”. Dott.ssa Carzaniga, ci racconta di cosa si tratta?

A partire dal 2012, l’AGENAS ha promosso un programma per il miglioramento continuo del grado di umanizzazione delle strutture di ricovero per acuti (ospedali e case di cura private accreditate), in collaborazione con tutte le Regioni e Province Autonome, con i professionisti sanitari delle strutture di ricovero, con esperti di Cittadinanzattiva e con i cittadini appartenenti a circa 300 associazioni di tutela e volontariato presenti sul territorio nazionale.
Questi anni di comune lavoro hanno permesso di costruire, sperimentare e applicare strumenti per la valutazione e il miglioramento dell’umanizzazione, intesa come “impegno delle strutture a rendere i luoghi di assistenza e i programmi diagnostici terapeutici orientati quanto più possibile alla persona, considerata nella sua interezza fisica, sociale e psicologica”. Strumenti comuni, che sono stati applicati in tutte le Regioni e Province autonome per misurare il grado di umanizzazione delle strutture di ricovero, al fine di individuare eventuali aspetti critici da poter migliorare.
Ciò che contraddistingue questo programma è il coinvolgimento attivo dei cittadini in tutte le fasi della valutazione e del miglioramento. Protagonisti del gruppo di lavoro (équipe locale) sono infatti professionisti sanitari e cittadini delle associazioni che, sulla base di quanto osservato e analizzato in loco, rispondono alle domande contenute in una apposita checklist, attraverso la quale vengono valutati specifici aspetti dell’umanizzazione dell’ospedale visitato. Sulla base della “fotografia” che emerge da questa valutazione, la stessa équipe locale può individuare le criticità sulla quali proporre puntuali azioni di miglioramento alle Direzioni generali delle Aziende. L’équipe locale partecipa, inoltre, alla diffusione dei risultati della valutazione e al monitoraggio dell’attuazione delle azioni di miglioramento condivise con le Direzioni generali. I cittadini, inoltre, fanno parte delle Cabine di Regia Regionali, quei gruppi di coordinamento che hanno il compito in ogni Regione/Pa di promuovere, sostenere e armonizzare le attività di valutazione e miglioramento partecipati che si attuano nelle diverse strutture di ricovero.
Un lavoro intenso che è cresciuto negli anni, basti pensare che nel periodo 2017-2018 hanno partecipato oltre 800 professionisti e operatori sanitari insieme a più di 700 cittadini appartenenti a circa 300 associazioni di tutela e volontariato, in 417 strutture di ricovero (Ospedali a gestione diretta, Aziende Ospedaliere, Aziende Ospedaliere Universitarie – Policlinici, IRCCS e Case di cura private accreditate).

Quali sono le dimensioni indagate dal progetto?

Attraverso un preliminare studio della letteratura ed esperienze nazionali e internazionali, ed un successivo lavoro di condivisione tra esperti di Agenas, di Cittadinanzattiva e delle Regioni e Province Autonome si è giunti ad individuare 4 grandi aree in cui è stato articolato il tema dell’umanizzazione.
L’area 1 – Processi assistenziali e organizzativi orientati al rispetto e alla specificità della persona: è diretta a valutare quanto l’ospedale conformi la propria struttura organizzativa e i propri processi assistenziali ad un approccio orientato ai bisogni dei pazienti, intesi e trattati come singole individualità, cioè come persone portatrici di specifici bisogni, valori e aspettative, legati al genere, all’età, alla cultura d’origine.
L’ Area 2 – Accessibilità fisica, vivibilità e comfort dei luoghi di cura: analizza gli aspetti fisici e strutturali degli ospedali, con particolare riferimento ai requisiti di accessibilità, all’orientamento e ai percorsi che sono in grado di incidere in modo rilevante sul livello di umanizzazione delle strutture di ricovero.
L’Area 3 – Accesso alle informazioni, semplificazione e trasparenza: valuta elementi finalizzati ad agevolare gli utenti nell’accesso alle informazioni e ai documenti sanitari che li riguardano, oltre che alle prestazioni.
Area 4 – Cura della relazione con il paziente/cittadino: fotografa quegli elementi che indicano il grado di attenzione di un ospedale nei confronti dei fruitori, non solo verso i pazienti, ma anche nei riguardi di tutti coloro che, a vario titolo, entrano in contatto con la struttura sanitaria in esame.

Ci fa degli esempi pratici di “umanizzazione”?

Possiamo trarre diversi e numerosi esempi direttamente dalle domande presenti nella checklist. Si valuta, ad esempio, se è garantito il supporto psicologico per i pazienti oncologici o le persone ricoverate per un trapianto d’organo; se sono stati adottati protocolli per il trattamento del dolore e se nella cartella clinica sono presenti strumenti per la valutazione del dolore; se è data la possibilità di scegliere un servizio funebre secondo le convinzioni etiche religiose del soggetto deceduto, compresa la possibilità per i congiunti d’intervenire personalmente nella ricomposizione della salma secondo il rito di appartenenza. Si pensi, ancora al rispetto delle procedure operative attraverso le quali al momento delle dimissioni è garantita la continuità delle cure con passaggio ad altro setting assistenziale (Assistenza Domiciliare Integrata, Residenze Sanitarie Assistenziali, ecc.); se nell’ospedale sono disponibili soluzioni per superare le barriere architettoniche e sensoriali. Per quanto riguarda i pazienti più piccoli, grande importanza è data alla presenza di una sala operatoria “a misura di bambino” e di arredi adatti ai bambini o pareti e corridoi colorati nei reparti di pediatria; Altri ambiti valutati riguardano tutte la semplificazione delle procedure di prenotazione delle prestazioni presso il CUP, l’ampliamento degli orari di apertura degli sportelli interni, la presenza di modalità alternative (tramite telefono, web, Medico di medicina generale, farmacie).

Quali sono i risultati dell’analisi realizzata? Il nostro è un sistema sanitario umano o no?

La prima e buona notizia è che il punteggio nazionale è più che sufficiente in tutte le 4 aree dell’umanizzazione, con l’Area 2 – Accessibilità fisica, vivibilità e comfort dei luoghi di cura che ottiene il risultato migliore (7,3) su un punteggio che va da un minimo di 0 ad un massimo di 10. A seguire l’Area 4 – Cura della relazione con il paziente/cittadino (7,1), l’Area 1 – Processi assistenziali e organizzativi orientati al rispetto e alla specificità della persona (6,8) ed infine dall’Area 3 – Accesso alle informazioni, semplificazione e trasparenza (6,6). L’analisi dei risultati, elaborata con Giorgia Duranti e Alessandro Lamanna, testimonia un diffuso impegno degli ospedali sul tema dell’umanizzazione che certamente è suscettibile di ulteriori miglioramenti.
Va specificato che all’interno di ciascuna delle 4 aree dell’umanizzazione si apprezza una certa variabilità dei risultati. Ci sono sotto-aree con risultati più che soddisfacenti, quali “logistica e segnaletica” (8,9); “rispetto della privacy” (7,6); “attenzione alla fragilità e ai bisogni della persona” (7,5); “relazione con il cittadino” (7,5). Altre, invece, hanno un punteggio più basso. È il caso della sotto-area “Impegno per la non-discriminazione culturale, etnica, religiosa” che riporta un punteggio di 5,6 indicativo dello sforzo che sta ancora compiendo il nostro Servizio Sanitario Nazionale per adattarsi alle esigenze di un’utenza sempre più multiculturale.
Una lettura trasversale delle 4 aree permette, inoltre, di apprezzare risultati di estremo interesse in alcuni ambiti assistenziali quali, ad esempio, l’assistenza ai bambini (pediatria), le cure intensive (Terapia Intensiva) e la gestione del dolore (ospedale senza dolore).
Rispetto alla Pediatria, ad esempio, quasi un terzo delle strutture valutate ottiene ottimi risultati (punteggio compreso tra 9 e 10) e più di un terzo si colloca bene con un punteggio tra 7 e 9. La presenza di attività per favorire le esigenze ludiche del bambino e promuoverne le emozioni positive e la possibilità che il genitore sia presente in sala di preanestesia e risveglio in caso di interventi chirurgici o esami invasivi sono pratiche ormai molto diffuse nelle strutture oggetto della valutazione. Mentre, in merito al tema delle Terapie Intensive, emerge l’impegno delle strutture valutate per favorire la privacy dei pazienti e loro familiari durante l’orario di visita anche tramite accorgimenti per limitare la visibilità, mentre fatica a decollare ancora il modello delle “terapie intensive aperte”, le terapie intensive in cui si estendono gli orari di accesso ai visitatori e si limita l’obbligo per i visitatori di indossare dispositivi di barriera (cuffia, camice, maschera, guanti), salvo casi particolari. Il tema dell’Ospedale senza dolore si dimostra quello per il quale le strutture valutate hanno dimostrato la maggior attenzione ed i migliori risultati. Si può affermare che alcuni capisaldi di un’adeguata gestione del dolore sono ampiamente assicurati come ad esempio la disponibilità di strumenti per la valutazione del dolore, l’adozione di linee guida e/o protocolli per il trattamento del dolore con particolare riguardo ad alcune aree assistenziali quali quella oncologica e post-operatoria.

Quali sono le regioni più virtuose?

Nel rispetto delle finalità del programma, non utilizziamo i dati per redigere classifiche, ma unicamente allo scopo di “misurare per migliorare”, anche alla luce del fatto che sinora l’adesione delle Regioni/Province autonome e delle strutture di ricovero è di tipo volontario. Tutte le strutture che volontariamente si sottopongono alla valutazione di professionisti e cittadini, rivelano un’attitudine di per sé “virtuosa”, che potrà essere espressa in maniera ancora più compiuta attraverso l’impegno delle stesse strutture sui piani di miglioramento proposti dalle équipe locali.

I territori hanno partecipato di buon grado o avete incontrato delle resistenze?

Nel corso di questi anni, tutte le Regioni e Province autonome hanno preso parte alla valutazione partecipata dell’umanizzazione. Pur con diversi livelli di coinvolgimento, tale partecipazione testimonia come l’umanizzazione dell’assistenza sia un tema molto sentito in tutte le diverse realtà del nostro Servizio Sanitario Nazionale.

Questo processo di valutazione e soprattutto gli indicatori, verranno messi a sistema o rimarranno appannaggio di questo innovativo progetto?

Come ha già avuto occasione di affermare il Direttore Generale dell’AGENAS, Francesco Bevere in occasione della presentazione dei risultati dell’indagine sull’umanizzazione: “AGENAS è impegnata a garantire che il prossimo Patto per la salute rafforzi la necessità di dotarsi di indicatori per il monitoraggio della capacità di accoglienza delle nostre strutture di cura, perché ambienti confortevoli e personale sanitario sensibile a tutte le esigenze dei malati rappresentano essi stessi straordinari strumenti terapeutici”.

Cosa avete in programma per il 2019?

Siamo già al lavoro con le Regioni e P.A e con i diversi portatori di interesse. Insieme stiamo valutando possibili sviluppi del programma di umanizzazione, che potrebbero essere già presenti nel Patto per la Salute in dirittura d’arrivo.

 

[Tratto da: www.apmar.it ]

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